Il Comunismo che chiede aiuto al Capitalismo

Communist Party  Ho sempre simpatizzato e quasi sempre votato a sinistra ma ammetto che certi concetti di base dell’ideologia sinistrorsa ancora vivi ai giorni nostri, mi lasciano perplesso e (negativamente) stupito.

Votare a Sinistra o averne simpatia non vuol dire necessariamente essere un comunista in senso stretto perché é provato dalla storia che questa dottrina economica non puó funzionare per mancanza di un modello economico aperto. I vari tentativi storici di applicare un sistema Comunista (o diciamo un Socialismo reale) hanno avuto dei seri problemi di fattibilitá e non hanno portato dei vantaggi al proletariato che tanto avrebbe dovuto avantaggiarsene.

L’attuale propaganda elettorale di alcuni gruppi di Sinistra piú tradizionali (SEL per esempio) mi lascia esterefatto. Uno puó essere un convinto idealista ma ad un certo punto dovrá pur iniziare a guardare in faccia la realtá e il mondo con la sua storia e i suoi numeri. Sentire nel 2013 qualcuno che trova nell’economia di mercato la causa di tutti i mali, il nemico da combattere, mi sconvolge; come se il nostro mondo fosse cresciuto per grazia del solo sistema pubblico.

La prima domanda che mi piacerebbe fare ad un Nichi Vendola di turno é di spiegarmi quale é il motivo del successo dei Comunisti Cinesi nell’attuale economia mondiale. L’esempio della Cina, a me vicina per motivi lavorativi, é secondo me significativo per dimostrare che nel nostro mondo (diciamo negli ultimo secoli) l’economia di mercato é stata il solo motore per il miglioramento delle nostre condizioni di vita.

In Cina nel momento in cui si applicarono i principi della rivoluzione culturale proletaria venne cancellato tutto quello che aveva a che fare con la libertá privata, culturale e di mercato e l’economia passava sotto il completo controllo dello stato. I risultati di questa economia pianificata si sono visti chiaramente e i numeri della povertá cinese ne sono la prova. Una macchina pubblica non puó gestire in efficienza un’economia e come conseguenza senza un’economia solida anche i proletari non ne traggono vantaggio.

Dopo la morte di Mao l’economia cinese ha subito delle modifiche strutturali che si possono suddividere nelle seguenti fasi:

Prima fase 1978-1989:

Lo stato pesava per un 80% della capacitá produttiva del paese, l’80% della popolazione (1 miliardo) era in gran parte occupata presso fattorie gestite in comunitá.

Nel 1978 Deng Xiaoping andó al potere cercando di modificare per la prima volta l’ideologia che guidava il paese e che aveva portato a 29 anni di impoverimento dovuto a una pianificazione economica centralizzata e inefficiente gestita completamente dallo stato.

In questi 29 anni tutti i risultati economici, principalmente derivanti dall’agricoltura vennero utilizzati per investimenti nell’industria ma per inefficienza delle varie pianificazioni statali crearono solo costi e vennero quindi sprecati per strada.

Deng Xiaoping portó delle regole nuove che sarebbero state definite eretiche sotto Mao:

  • Libertá per gli agricoltori di coltivare cosa volevano
  • Lo stato pagava direttamente i prodotti agli agricoltori

L’agricoltura rimaneva il combustibile per l’industria ma le regole di mercato venivano allentate, si introduceva un pó di libero mercato, risultati:

  • In 10 anni la produzione Agricola raddoppió nonostante molta gente emigró verso le cittá
  • Anche l’industrializzazione crebbe di conseguenza e quindi si ridusse la disoccupazione.

Dopo queste scelte Deng Xiaoping prese delle decisioni ancora piú drastiche rispetto al passat (il nocciolo dell’articolo): Cercó di attirare capitali esteri per gli investimenti. Praticamente chiese aiuto al capitalismo per far crescere il paese perché la pratica dell’ideologia aveva fallito.

Creó delle zone franche a tasse e burocrazia ridotta per attrarre aziende estere che arrivarono in fretta. Nel 1984 erano 14 le cittá a zona franca. Questi investimenti ebbero un rallentamento nel 1989 quando le repressioni di piazza Tiananmen aveva fatto ripensare gli investitori esteri.

Seconda fase 1990-2008:

Dopo la fase di rallentamento gli investimenti continuarono ad arrivare accelerando negli anni 90. Nel 1990 gli investimenti esteri erano di 5 Mrd $ e crebbero fino a 38 Mrd $ nel 1995. Per chiudere a 100 Mrd$ all’inizio del 2000.

Le aziende continuavano ad investire nella speranza di vendere in quel mercato e la Cina faceva di tutto per attrarle ed acquisire le capacitá manageriali e tecnologiche che la rivoluzione culturale aveva cancellato.

Alle aziende estere erano offerte tasse basse, possibilitá di acquistare terre con l’unico intento di accelerare il processo di assunzione dei cinesi nell’industria.

Il Capitalismo era la chiave della crescita per Deng Xiaoping che aveva comunque mantenuto un apparato statale Socialista per il controllo. Il suo piano nel lungo periodo ha dato ragione alle sue idee.

In 30 anni la Cina ha portato fuori dalla povertá 600 Milioni di persone. Ripeto: 600Milioni di persone (l’Europa ha 500 Milioni di abitanti).

Dal 1980 al 2008 il potere di acquisto pro-capita dei cinesi é aumentato per un fattore moltiplicativo pari a 11. Ripeto: moltiplicato 11 volte. (Come se in Italia uno stipendio di 2milioni di Lire nel 1980 diventasse circa 11000 Euro nel 2012)

 Ma perché il mercato é cattivo e lo Stato é buono?

Questo articolo non vuole essere un manifesto contro la Sinistra perché anche a Destra (forse anche in maniera piú accentuate sotto alcuni aspetti) c’é la persistente difensiva della macchina statale. Cosa deve rimanere in mente dopo questa piccolo parentesi cinese? L’idea che un controllo pubblico del mercato non puó essere né efficiente né positivo per i lavoratori e per tutti i cittadini. L’Italia ne é (purtroppo) un esempio perfetto:

  • La Burocrazia Italiana é inefficiente e troppo complessa
  • La macchina statale é troppo costosa (tasse) e impatta negativamente sul mondo economico produttivo.
  • Lo Stato cerca di controllare molte delle attivitá economiche impedendo che si realizzi un libero mercato quindi competizione quindi piú lavoro.
  • Molti dei servizi Statali che potrebbero essere gestiti privatamente vengono mantenuti all’interno del confine pubblico per puro interesse di controllo e come risultato portano all’inefficienza dei servizi stessi. Un esempio é la gestione delle energie alternative a controllo pubblico.
  • Lo stato Italiano spreca. http://www.linkiesta.it/corte-dei-conti-ue-efficienza-energetica

Il motivo per cui le condizioni di mercato in Italia peggiorano é anche dovuto al fatto che nessuno si sogna, per  motivi sopra elencati di investire e creare lavoro in Italia, se ci viene é solo per ferie ma nemmeno piú tanto.

In queste condizioni mi chiedo come ci possano essere ancora politici (ma anche elettori) che cercano di convincere che é il mercato libero la causa di tutti i mali mentre la gestione pubblica é la soluzione. L’Italia é la prova che siamo esattamente nella situazione opposta: uno Stato inefficiente grava sull’economia e non ne aiuta la crescita.

Ho preso Nichi Vendola come esempio perché ha spesso la brutta abitudine di additarela ricchezza come un nemico da stanare. Se un imprenditore che nella vita ha investito i suoi soldi e fatto lavorare gente é per definizione “da spellare di tasse” solamente perché possiede piú della media. Essere ricchi (se non lo si é per malavita) non é una colpa, é una fortuna e spesso anche una qualitá (tutti possono essere lavoratori ma non tutti possono avere le capacitá di imprenditori). In Italia abbiamo una classe politica che vive sulle nostre spalle con stipendi eccessivi e multipli rispetto ad alti manager privati e la stessa classe politica si permette di accusare chi ha soldi? Non mi pare una atteggiamento corretto, il nemico non é il privato ma il pubblico.

Non voglio fermarmi al solo Nichi povero, non é l’unico. Da Destra a Sinistra é pieno di politici che difendono la macchina statale e la sua esistenza; la spacciano come garanzia per il cittadino ma é solo una garanzia per loro e un furto autorizzato per noi.

MENO STATO, PIU’ MERCATO, PIU’LAVORO.

Usciamo dalla nostra “Rivoluzione Culturale”.

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