La classe dei sindacalisti non é propriamente una categoria che a mio modo di vedere porta grosso valore aggiunto al mondo del lavoro. Il loro ruolo e la loro presenza sono importanti ma mi sembra che le loro azioni siano sempre piú indirizzate ad una autodeterminazione piuttosto che al loro ruolo originale. La mia personale esperienza lavorativa, per fortuna, non ha mai avuto nessun tipo di contatto con il mondo sindacale. La fortuna sta nel fatto che non mi sono mai trovato in situazioni lavorative critiche in cui era richiesto l’intervento di qualche tipo di rappresentanza sindacale. Forse sono semplicemente un fortunato ma i sindacati in se mi hanno sempre trasmesso una certa tristezza. Quando sento alti dirigenti esprimersi su questioni importanti dalle loro parole passa sempre e comunque il concetto di “contrapposizione”. Da una parte il “Padrone” (sempre in errore) e dall’altra i lavoratori (sempre con ragione). Chi oltretutto usa la parola “Padrone” o diciamo, che crede che esistano ancora i “Padroni” mi fa molta tristezza. Una visione del mondo del lavoro anacrononistica, vecchia, non applicabile ai nostri tempi. Non esistono piú (almeno nella nostra parte del mondo) gli sfruttatori che obbligano i lavoratori ad estenuanti sforzi lavorativi al limite della sicurezza personale. Vedo piuttosto un mondo del lavoro con molti problemi ma non relativi alle tutele. Sinceramente per tanto che si dica non conosco imprenditore che abbia come obiettivo lo sfruttamento dei lavoratori perché i lavoratori sono la sua unica risorsa per il successo. Vedo piuttosto imprenditori con obiettivi di profitto (ovvi e condivisibili) che si scontrano con un mercato sempre piú difficile e con una competizione estera molto agguerrita. Vivo in Germania e la favole del paese ipertutelante verso i lavoratori é semplicemente un falso. In Germania si licenzia senza grosse motivazioni e le rappresentanze sindacali esistono solo per una minoranza di aziende. Il tedesco ha un approccio al lavoro molto serio. Fa le sue ore ma quelle ore le fa nel modo migliore perché sa che gli errori si pagano cari. Posso dire di aver visto esempi esattamente opposti in Italia, purtroppo. Sono convinto che in Italia le tutele siano alte e il licenziamento é (troppo) difficile. Basti pensare che recentemente alcuni operai di Malpensa colti in fragrante a rubare nei bagagli (prove filmate) sono stati riammessi al posto di lavoro dal giudice del lavoro. Questo non potrebbe mai accadere in Germania e questo é un problema non una tutela.
L’Italia ha sicuramente un grosso problema lavorativo ma non é dovuto alle tutele mancanti ma ad un mondo produttivo che sta scomparendo e si sta traferendo altrove. L’Italia non é competitiva e pochi hanno voglia di investirci. Molti preferiscono spostarsi in altri paesi non tanto per il basso costo della mano d’opera ma per sistemi piú flessibili e meno rigidi. Parte della colpa é anche delle troppe di tutele di qualcuno (in cui i sindacati hanno ruolo importante) e le pochissime tutele di altri (in cui i sindacati non esistono e invece dovrebbero esserci).
Spesso i sindacalisti e le loro alte cariche dirigenziali si riempiono la bocca di diritti mancati, di tagli ingiusti in un mondo di ipotetici sprechi del management di un’azienda. Accusano i manager privati di prendere stipendi troppo alti, accusano le aziende di avere piani finanziari sbagliati come se fossero degli esperti industriali. I Sindacati si spingono troppo in lá oltre loro ruolo naturale non facendo altro che peggiorare la situazione. Creando tensioni inutili e rallentando spesso molti processi di ristrutturazione aziendale. L’effetto finale é che perdono credibilitá anche quando hanno invece piena ragione per le loro proteste.
Spesso il soggetto “Stipendi dei grandi Manager“ o in generale la ricchezza da un lato (imprenditori) e la „povertá“ dall’altro (operai che non arrivano a fine mese) viene sempre sbandierato come giustificativo per ogni richiesta e per convincere l’opinione pubblica delle loro ragioni.
Proprio su questo argomento ho trovato interessante quanto scandaloso sapere che anche gli alti “manager” sindacali sembrano gestirsi a piacere i loro stipendi e trattamenti di fine rapporto nonché quelli pensionistici. Se personalmente non mi scandalizzo dagli stipendi dei manager privati perché pagati dalle aziende con i propri soldi, sono invece sempre molto innervosito quando la stessa cosa avviene in ambito pubblico. Un Manager privato avrá pur fatto qualcosa per convincere la sua azienda del proprio stipendio o bonus? Immagino di sí.
Non ho invece la stessa impressione di quando trattamenti economici rilevanti sono presenti in ambito pubblico perché per come il nostro paese si distingue pubblicamente tutto posso dire tranne che le capacitá siano alte. Tantomeno credo che chi prende piú soldi sia effettivamente quello che se li merita perché ho come l’impressione che la meritocrazia non sia contemplata in ambito pubblico.
Se qualcuno ha evidenza del contrario … please let me know
Ma veniamo al nostro caso:
Raffaele Bonanno é stato il segretario generale della CISL dal 2006 al 2014 anno in cui si dimette.
La strana ascesa del sindacalista risulta alquanto curiosa: negli anni della sua segreteria il suo stipendio annuo passa da 80.000 Euro nel 2006 (nello stesso anno un salto a 118.000) ad un valore di 336.000 Euro nel 2014. Un bel 420% di aumento in 8 anni, direi non male come salto rispetto alla categoria che difendeva. Il suo stipendio di 336.000 Euro gli perme di essere piú pagato del Presidente del Consiglio (115.000 Euro) e di un meglio noto Barack Obama (275.000 Euro).
Ma cosa potrá mai fare un sindacalista per meritarsi questa cifra? Non sono ancora riuscito a trovare una risposta al mio dubbio e credo che mai riusciró un pó per sfiducia nel ruolo, nelle sue responsabilitá e sopratutto nei suoi risultati. Va considerato inoltre che il regolamento della CISL dice che quando sia arriva alla carica di segretario si ha un aumento del 30%, ragionevole ma lontano da quello di Bonanni.
La pagina di wikipedia dedicata a Raffaele Bonanni descrive bene questa ascesa scoperta dal Fatto Quotidiano:
L’ex segretario della Cisl, che oggi percepisce una pensione lorda di 8.593 euro mensili, è stato protagonista di un’ascesa strepitosa nel sindacato, almeno in termini di salario. Dal 2006 al settembre 2010, mese delle sue improvvise dimissioni, lo stipendio di Bonanni è passato da “soli” 118.186 euro, a 336 mila, superando anche il tetto dei super manager, di 240mila euro.
Nel 2006, il primo anno da segretario della Cisl, Bonanni guadagnava più del presidente del Consiglio Matteo Renzi, il cui stipendio si ferma 114.796 euro. Nel 2014, il suo stipendio superava anche quello di Barack Obama (circa 275 mila euro). La notizia è stata diffusa dal Fatto Quotidiano, in possesso di un “dossier” sull’ex segretario della Cisl. Scrive FQ: Il sindacalista viene eletto segretario generale della Cisl nel 2006. Fino a quella data era segretario confederale e guadagnava meno di 80mila euro lordi all’anno. 75.223 nel 2003, 77.349 nel 2004 e 79.054 nel 2005. Quando diventa segretario generale, secondo il regolamento interno alla Cisl, il suo stipendio viene incrementato del 30%.
Quindi, secondo le regole interne, avrebbe dovuto guadagnare circa 100mila euro lordi annui. Nel 2006, la Cisl dichiara all’Inps una retribuzione lorda, ai fini contributivi, di 118.186 euro. Un po’ più alta di quella prevista ma non molto. Le stranezze devono giungere con gli anni seguenti. Nel 2007, infatti, la retribuzione complessiva dichiarata all’Inps è di 171.652 euro lordi annui. Che aumenta ancora nel 2008: 201.681 annui. L’evoluzione è spettacolare, gli incrementi retributivi di Bonanni sono del 45% e poi del 17%. Ma la progressione continua: nel 2009, la retribuzione è di 255.579 (+26%), nel 2010 sale “di poco” a 267.436 (+4%) mentre nel 2011 schizza a 336.260 con un aumento del 25 In merito alla questione, Raffaele Bonanni ha preferito non rilasciare dichiarazione ai giornalisti del Fatto Quotidiano.
Ad oggi non sono ancora state rilasciate delle dichiarazioni da Bonanni.
Quello che salta immediatamente agli occhi é l’importo della pensione che Raffaele Bonanni si accinge a raggiungere per la sua brillante carriera. 8.600 Euro lordi (piú di 5.000 Euro netti) per cosa?
Con tutto il rispetto la cifra appare forse un pó alta rispetto al ruolo ma sopratutto rispetto alle condizioni delle persone che il sindacato rappresenta. O é solo una mia impressione?
Se negli anni il ruolo dei sindacati é a mio modo di vedere degradato per un utilizzo piú politico che pratico, queste cifre non fanno che confermare i miei dubbi.
La gente si scandalizza dei compensi che la FIAT paga a Marchionne mentre mette in Cassa Integrazione operai e non ha nessun tipo di reazione per questi trattamenti “Pubblici”. Sicuramente Marchionne ha fatto di piú per la sua azienda di quanto possa aver fatto Bonanni per i suoi rappresentati.
Vorrei vedere la stessa indignazione, almeno sul web luogo dove gli animi si scaldano in maniera virale. Invece no. Tutto nella norma.
Si preferisce accusare un’azienda come Moncler per un non chiaro servizio televisivo ma continuare a comprare beni prodotti in paesi dove lo sfruttamento é regola produttiva. Che differenza fa la Moncler o la Apple? Forse che ci stanno a cuore piú le oche dei cinesi?
Lasciate stare la Moncler se leggete la notizia da un bell’IPhone prodotto a Shenzen o da qualunque smartphone sul mercato. Lasciate stare il milionario Marchionne e pensate piú al quasi milionario Bonanni che invece pagate tutti voi senza che peró nessuno vi abbia mai chiesto se eravate d’accordo.
anche io voglio fare il Sindacalista